ZIVELONGO
Il territorio dove si trova Zivelongo è stato abitato fin dall’epoca preistorica, come hanno dimostrato rinvenimenti sulle Guaite, al Covolo della Volpe, alle Scalucce e altri siti vicini, in particolare nella grotta di Fumane che custodisce tracce di frequentazione dei Neanderthal e dei Sapiens tra 60.000 e 25.000 anni fa.
Il toponimo si riscontra per la prima volte in un diploma (documento) del 920 con il quale Berengario 1° (850 c.-924), già marchese del Friuli, tumultuosamente divenuto nell’888 re del Regno d’Italia che comprendeva Liguria, Lombardia, Emilia, parte del Veneto e della Toscana e del quale aveva proclamato capitale Verona, “dona al fedele Bertelo” la curtis o corte (“azienda” fatta soprattutto di incolti, pascoli e boschi) di Senevello (Breonio) con le sue dipendenze di Vaona e Iugolongo: si instaurava così un feudo, vale a dire una contropartita in terre per servizi resi e da rendere. Del documento, noto fino a un recente passato solamente attraverso trascrizioni sette e ottocentesche, è stato ritrovato l’originale da Marco Pozza.
Da allora Zivelongo ha continuato a gravitare intorno a questa zona e alla Valpolicella; i rapporti trasversali con quel territorio che chiamiamo Lessinia, alla quale anche noi apparteniamo come estremo lembo occidentale, erano pressoché inesistenti, ed entrò a far del comune dei Brèoni, come diceva don Alberto, quando si è costituito. Ricordiamo che i Breoni o Breuni furono un popolo che nell’età imperiale romana e nei primi secoli del Medioevo abitarono l’alta Valle d’Isarco e la regione del Brennero su entrambi i versanti del valico, tanto che un tratto della catena delle Alpi Retiche è denominata Alpi Breonie. Don Alberto, nel suo libro “Montagne E Montagnari Tra Verona E Kufstein” , rifacendosi alla “Storia dei Longobardi” di Paolo Diacono (720 ca-799 d.C.) sostiene che di lì essi scesero ad occupare il versante sinistro della Val Lagarina, mentre i Breuti, appartenenti alla loro stessa tribù, si stabilirono sul versante opposto dando origine all’insediamento di Brentonico. Per le tribù di origine germanica, stanziate sui versanti meridionali delle Alpi, rientrava nell’ordine delle cose spingersi verso sud occupando valli e pendici alpine se le condizioni ambientali si facevano dure per eventi naturali avversi o per difficile convivenza con i confinanti. Così, accanto agli abitatori indigeni, in Piemonte, in Lombardia e in Veneto (ricordiamo che in loco c’è stata anche una presenza romana perché diversi materiali di tale origine sono stati rinvenuti nelle zone di Breonio e Cona), presero vita isole di lingua tedesca e ce lo dimostra il fatto che alcune valli alpestri richiamano nel nome quelle antichissime tribù: ricordiamo i Camuni della Val Camonica, i Triumpilini della Val Trompia, i Genuani della Val di Genova, una laterale della Val Rendena (Arturo Galanti “I tedeschi sul versante meridionale delle Alpi”, 1882). Seguendo ulteriormente il pensiero di don Alberto, sappiamo che, superato l’anno mille e il terrore per la fine del mondo, altre genti di lingue e culture tedesche arrivarono a sud delle Alpi. Anche lo studioso veronese Marco Pasa (1950-2025), condivide questa impostazione e sostiene che dal XII secolo i flussi migratori furono appoggiati e favoriti da abbazie e monasteri come San Zeno, San Nazzaro, Santa Maria in Organo (“La colonizzazione cimbra della Lessinia, 2017).
CORTE ZIVELONGO
«Corte Zivelongo, una testimonianza complessa, con tracce del XIII e XIV secolo è stata lasciata cadere a piccoli crolli. Il primo è stato nell’inverno 2006-07, ma anche se c’era la possibilità di puntellare l’edificio, nulla è stato fatto», denunciava Pavan. Oggi corte Zivelongo, nell’omonima contrada di Sant’Anna d’Alfaedo, è un desolante buco con dei sassi attorno.
L’Arena, 20 maggio 2011
Oggi l’obiettivo è quello di ricostruire e di far rivivere la Corte e l’intera Contrada